Simbolo di
un'esperienza universale di dolore e di morte, di fede e
di speranza, la Via Crucis commemora l'ultimo tratto del
cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da
quando Egli e i suoi discepoli, "dopo aver cantato
l'inno, uscirono verso il monte degli ulivi" fino a
quando il Signore, reggendo il patibulum, fu condotto al
"luogo del Golgota" dove fu crocifisso e inumato in un
sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un giardino
vicino.
Sulla via
Dolorosa e sul Calvario la Chiesa di Gerusalemme ha
fatto memoria della crocifissione e morte di Gesù.
Migliaia e migliaia di fedeli, la stragrande maggioranza
pellegrini venuti da ogni parte del mondo - e sono
cristiani cattolici, ortodossi e protestanti per la
concomitanza della ricorrenza pasquale - in processione
ininterrotta fin dalle prime luci del giorno, hanno
pregato sostando davanti alle stazioni della Via Crucis,
ripercorrendo così il cammino del Signore dal luogo
della sua condanna a quello del patibolo e a quello,
vicinissimo, della sua Resurrezione entrambi inglobati
nella basilica costantiniana del Santo Sepolcro.
E
nelle prime ore del pomeriggio, tutta la comunità
cristiana latina di Gerusalemme, delle chiese di
S.Salvatore, Beit Hanina, Bet Safafa, si sono stretti
intorno alla pesante croce a testimoniare come che la
Chiesa di Gerusalemme manifestò molto presto la sua
attenzione per i « luoghi santi ». Alla via Crucis hanno
partecipato anche tanti fedeli cristiani che in questi
giorni avevano il permesso di poter uscire dai territori
delle autorità palestinesi.
Reperti archeologici attestano
l'esistenza di espressioni di culto cristiano, già nel
secolo II, nell'area cimiteriale dove era stato scavato
il sepolcro di Cristo.
Alla fine del IV secolo, la pellegrina
Eteria ci dà notizia di tre edifici sacri eretti sulla
cima del Golgota: l'Anastasis, la chiesetta ad Crucem,
la grande chiesa - il Martyrium - E ci informa della
processione che in certi giorni si snodava
dall'Anastasis al Martyrium. Gerusalemme è la città
della Via Crucis storica. Essa sola ha questo grande
tragico privilegio.
Ed è intorno a questo grande privilegio
che i fedeli della comunità parrocchiale hanno
partecipato in massa, in mezzo a migliai e migliai di
persone, lungo le vie strette e tortuose della via
dolorosa, per portare la “Croce Santa” simbolo di
Gerusalemme, sentendolo come un dovere e soprattutto un
grande onore di appartenere a Gerusalemme.
Come tante mani e tante braccia insieme
hanno sollevato la santa croce, così dovrebbe essere la
comunità, che si sostiene portando l’uno i pesi degli
altri.
Durante la Via Crucis, canti, suoni,
invocazioni, quasi urlate per far sentire la nostra
presenza, in mezzo alla fiumana di gente, tanti papà
hanno sfidato il tepore del caldo e la ressa della
gente, portando per tutto il tragitto che è durato
parecchie ore i loro piccoli sulle spalle, per farli
immergere nella vita liturgica di Gerusalemme.
Nella Via Crucis biblica, che abbiamo
percorso, ci sono stati momenti veramente molto
toccanti, e sentiti dalla gente, che aiutati da un
sussidio preparato dalla parrocchia hanno avuto modo di
entrare in preghiera e gustare il messaggio della
salvezza nel dramma della passione di Cristo: dramma
sempre attuale al quale ognuno, consapevolmente o
inconsapevolmente, prende parte.
Partecipando alla Via Crucis, ogni
discepolo di Gesù deve riaffermare la propria adesione
al Maestro: per piangere il proprio peccato come Pietro;
per aprirsi, come il Buon Ladrone, alla fede in Gesù,
Messia sofferente; per restare presso la Croce di
Cristo, come la Madre e il discepolo, e lì accogliere
con essi la Parola che salva, il Sangue che purifica, lo
Spirito che dà la vita.
Al termine della via Crucis, ormai
sopraggiunta la sera, le donne della parrocchia hanno
ripercorso il cammino dal Sepolcro alla parrocchia,
portando sulle loro spalle la Santa Croce.